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Le parole che feriscono

Girando sul web, per cercare qualcosa da far vedere a dei ragazzi delle superiori, mi sono imbattuta nelle foto di Richard Johnson. Questo fotografo ha realizzato un progetto: "Weapon of Choice".

Ha denunciato attraverso le foto il bullismo: grazie a make-up artist ha riprodotto le offese ricevute sul corpo come marchi a fuoco.

Spesso minimizziamo un'offesa, una battuta, una parola, che può sembrare una ragazzata o uno scherzo. Eppure, le parole feriscono e restano lì nella mente indelebili.

Il bullismo, la violenza psicologica, fa male e resta nel tempo. E' ampiamente dimostrato che le persone che hanno subito bullismo, in età adulta possono soffrire di ansia, fobia sociale, difficoltà relazionali. Durante il percorso scolastico il ragazzo/ragazza può isolarsi, non voler andare a scuola, sentirsi in colpa per quello che è: si sentirà sempre di più cucita addosso l'immagine che gli viene rimandata.

Crescere significa costruirsi un'identità e nel periodo pre-adolescenziale e adolescenziale significa costruirlo anche grazie al gruppo dei pari, a punti di riferimento diversi dalle figure genitoriali, che per tutta l'infanzia hanno rappresentato le nostre regole.

Scrivo ai genitori: non minimizzate le difficoltà di vostro figlio, ma ascoltatelo.

Scrivo ai ragazzi: quando prendete di mira qualcuno, pensate voi come vi sentireste al posto loro, cosa vuol dire essere la persona chiamata sempre per ultima quando si organizza una partita di calcetto, essere chiamati con un soprannome offensivo, sapere che a scuola nessuno vi rivolgerà la parola se non per prendervi in giro.

Scrivo agli insegnanti: il problema non è solo dell'alunno vittima di bullismo, ma è di tutta la classe. Insegnate voi per primi cosa significa essere un gruppo e aiutare l'altro. Osservate i vostri alunni, non giudicateli, non puntate il dito contro, ma fate sì che possano riflettere su ciò che accade, che ne possano parlare con voi senza timore.

Scrivo a tutti: mostrarsi per quello che si è fa paura a tutti, ma non farlo significa sottostare all'idea che sono gli altri a decidere per noi.


 
 
 

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